Sono certo di una cosa: avrei senz’altro più stima di chi si pone da Guru, ammettendo di sentirsi un guru.
Ci sono situazioni di cui vengo (e sono venuto) spesso a conoscenza che mi fanno riflettere sia sotto l’aspetto etico e deontologico, che su quello umanistico esistenziale, che su quello empatico. E di nuovo si presenta l’annosa questione dello sbilancio emotivo che si genera tra una persona in stato di difficoltà, alla ricerca di risposte a personali questioni dolorose, e il Guru di turno troppo spesso teso a interpretare e offrire “soluzioni” riguardo la vita e la storia dell’altro: attenzione Guru, benché tu sia illuminato dal tuo dio, benché tu veda “oltre”, tu abbia canali di visione e di connessione unici e personali, ti invito a rispettare comunque la diversità che l’altro rappresenta quando entra in contatto con te.
Caro Guru, ancora ti invito a prestare attenzione agli schemi di manipolazione in cui inevitabilmente cadi dicendo “tu sei……” oppure “devi fare….” . Non so chi o cosa sia che ti autorizza a farlo, ho solo qualche idea a riguardo. Magari potrebbe essere che lo fai poiché “vedi qualcosa…” che, per la tua cornice di riferimento, riesci ad esprimere solo con quelle PAROLE che spesso così male fanno al destinatario di turno. Ti invito pertanto alla coerenza: se tu “vedi”, hai ancor più il dovere etico di “vedere” in condizioni di sicurezza per la persona a cui stai offrendo il tuo servigio. Dunque, caro Guru, ti invito a “lavorare” con gli altri con un paracadute, una rete di protezione per chi si rivolge a te, che ancora non è illuminato come te, e ti invito a fare supervisione (intesa come spazio sicuro in cui poter raccontare a chi non ha i tuoi stessi “doni”, cosa accade a te quando lavori con il signor Bianchi o con la signora Verdi) e a prenderti la totale responsabilità delle PAROLE che usi quando interpreti e “leggi” la vita dell’altro. Altrimenti fai male, e basta. Dunque fai male a te, in primis.
E voglio anche ricordarti che nel caso in cui dovessi incontrarti ancora sulla mia strada ti chiederò maggiori informazioni su chi sei, dove sei residente, come lavori, che formazione hai per svolgere attività di aiuto; poi ti chiederò la tua partita Iva, la tua assicurazione di Responsabilità Civile professionale, l’iscrizione ad eventuale Associazione o Ordine che tuteli la tua “professione” e la, spesso fragile, cornice di riferimento del tuo cliente che, forse tendi a dimenticarlo o a sottovalutare, è la parte “debole” della catena della relazione di aiuto.
Sai Guru, io sono anche un musicista per passione, da oltre 30 anni e quando ho compiuto degli step di miglioramento con la musica, è stato perché ho avuto il privilegio e l’opportunità di suonare con musicisti più preparati di me, più avanti nella competenza, più dotati e spesso più umili di me. Ed in questa bellissima e lunga esperienza con le frequenze e le vibrazioni musicali, ho scoperto molto di me e del mondo circostante. Ma ciò che è vero nella musica così come nella relazione di aiuto, è la relatività: sai, avere l’orecchio assoluto (la capacità di dare un nome ad un suono musicale senza doverlo confrontare con alcuna scala diatonica di riferimento) non significa essere un bravo ed efficace musicista. Per esserlo serve implementare il dono dell’orecchio assoluto con tutte le altre caratteristiche che fanno un musicista: interplay, capacità di ascoltare cosa fanno gli altri senza imporre il proprio virtuosismo, capacità di suonare le pause e i silenzi, senso del tempo, groove.
Adesso ti saluto, Guru. Dovessi incontrarti ancora nel mio percorso mi auspico che tu possa portare il tuo dono verso una direzione che nutra il Sé degli esseri umani che si rivolgono a te, senza necessariamente distruggere e frammentare ulteriormente il loro ego. Perché il mondo è troppo piccolo ed è antipatico trovarsi nella condizione di dover riparare alla ferita che tu, con la tua goffaggine e mancanza di empatia, hai amplificato ulteriormente credendo di offrire una soluzione grazie alle tue PAROLE.
Ah dimenticavo, siccome ho notato che spesso ti consideri un guaritore dell’anima, desidero farti notare che probabilmente l’anima non ha bisogno di essere guarita, perché di solito non soffre… quindi ti invito a prestare attenzione alle PAROLE che utilizzi per dar voce al tuo personale materiale mai elaborato, mai visto, mai avvicinato. Ti invito a chiederti se ciò che offri è veramente “così”, oppure se è “così” finché non è vera un’altra condizione, che tu ancora non conosci.
Fabio Pierotti
Counselor – Trainer di Logosintesi
Presidente Logosintesi Italia.
La pietra si chiama: il maestro e il tasso, pittiscultura ad acrilico su pietra
Allude al fatto che per essere evoluti bisogna vincere le proprie tematiche invalidanti.
Il tasso é un animale totem che insegna a vincere il proprio ego che si manifesta con rabbia.
Opera realizzata da Edda Caselli, Operatrice di Logosintesi, Naturopata, ridologa, artista e pittrice.